Sicurezza, legalità, giustizia e… manganelli contro ragazzi dimenticati 

 

 Cominciamo da qui: “Sembrava di essere in una riunione di condominio, di quelle venute male, in cui tutti si sentono in diritto di dire qualcosa, ma pochi sanno cosa dire”.  Così è stata commentata la seduta del consiglio comunale del 19 febbraio. Non di tutto il consiglio; solo della parte iniziale, cioè quella in cui alcuni consiglieri hanno preso l’abitudine di parlare “del più e del meno”, purché ci sia attitudine con la Città. 

In questo “tambureggiare” di parole e di argomenti, spesso tra loro scollegati, mi ha colpito una considerazione del consigliere Poletto che, nel commentare la poca partecipazione dei cittadini agli incontri sulla sicurezza e legalità promossi dal Sindaco e dalla Giunta, affermava: “Dire che a Novi esiste un problema di sicurezza è sotto gli occhi di tutti; che però ci sia anche un problema di legalità, … non mi sembra …”. 

Le parole di Poletto hanno stimolato questa mia riflessione, che lega insieme la richiesta di sicurezza, la legalità, la giustizia e … i manganelli di Pisa. 

Semplificando, quando parliamo di sicurezza, almeno istintivamente, pensiamo alla nostra libertà di movimento e di scelta, che non deve essere limitata dalla paura di essere vittime di comportamenti illeciti altrui. Per esempio, per rimanere collegati al tema, possiamo ritenere poco sicuro passeggiare per le vie del centro, nelle ore notturne. 

Quando parliamo di legalità, invece, stiamo valutando se un determinato comportamento sia conforme al modello descritto dalla legge. E’ illegale, per esempio, rubare merce al supermercato o non pagare le tasse. Del pari è illegale aggredire un uomo o una donna che stanno manifestando in modo pacifico. Sono tutti esempi, per carità! 

Ora facciamoci questa domanda: c’è un collegamento tra sicurezza e legalità? La risposta, solo apparentemente ovvia, è che tutto ciò che si pone al di fuori del perimetro della legalità, genera una distorsione delle regole che governano una sana vita comune, quindi anche insicurezza. 

Occorre però un approfondimento ulteriore. A mio avviso, infatti, sicurezza e legalità sono parti di una categoria più grande: la giustizia

Scriveva John Rawls – un filosofo politico – nella seconda metà del Novecento: “La giustizia è la prima virtù delle istituzioni sociali, così come la verità lo è dei sistemi di pensiero. Una teoria, per quanto semplice ed elegante, deve essere abbandonata o modificata se non è vera. Allo stesso modo leggi e istituzioni, non importa quanto efficienti e ben congegnate, devono essere riformate o abolite se sono ingiuste”. Rawls ha dedicato la sua vita alla costruzione di una concezione di giustizia che fosse coerente con le forme di vita democratica, da noi praticate. Per Rawls ciò che è giusto, attraverso l’azione dello Stato, deve essere anche legale. 

Il concetto di giustizia proposto da Rawls attinge alla tradizione del “contratto sociale”, pietra miliare dei nostri sistemi democratici. Con il contratto sociale – anche qui semplificando – noi rinunciamo a una parte dei nostri diritti, qualunque essi siano, a favore dello Stato, in cambio di servizi, ordine sociale e sicurezza. Per esempio, rinunciamo a una parte dei nostri guadagni, per avere dei servizi sanitari adeguati in caso di malattia; ovvero rinunciamo a farci giustizia da soli, in cambio di istituzioni che ci proteggano nel momento del bisogno. 

Questo concetto di giustizia si contrappone alla teoria dell’utilitarismo. L’idea di base dell’utilitarismo consiste nell’identificare nella massima utilità sociale la giustificazione dell’agire delle istituzioni. Prendendo ad esempio fatti recentemente accaduti, secondo questa teoria, se l’utile sociale è non manifestare, perché ciò crea come effetto collaterale disordine, è giusto prendere a manganellate i manifestanti, anche se si tratta di giovani ragazzi. Allo stesso modo potremmo argomentare sull’azione di Netanyahu a Gaza… 

Si comprende facilmente che l’utilitarismo, nel momento in cui si fa coincidere l’utilità sociale con quella del gruppo (ma potremmo anche dire: “forza politica”) dominante, fa presto a divenire funzionale al totalitarismo. Penso di non sbagliare di molto dicendo che l’utilitarismo può essere funzionale a ideologie come il fascismo, il nazismo, ovvero il leninismo. 

Ecco spiegato il perché noi, che abbiamo fatto nostri i principi fondamentali della democrazia, al di là di ogni considerazione politica fatta e che sarà fatta riguardo alle manganellate di Pisa, le percepiamo come “ingiuste” e plaudiamo il comunicato di Mattarella, specie l’ultima frase: “Con i ragazzi i manganelli esprimono un fallimento”. 

Giunti alla conclusione che queste manganellate sono ingiuste, dobbiamo però porci quest’ultima domanda: cos’è una società giusta

Rawls – ancora lui – afferma che giusta è una società che garantisce a tutti gli stessi diritti. Il concetto, attenzione, non è così semplice come potrebbe apparire. Perché non si tratta di individuare solo il nome dei diritti da condividere, ma anche di garantire a tutti di poterne usufruire in ugual misura. 

Mi spiego meglio: immaginiamo che la misura di un diritto siano caramelle. La realtà ci insegna che alcuni nascono con più caramelle di altri. Prendiamo, per esempio, il diritto all’istruzione: è indubbio che chi nasce in una famiglia agiata, almeno in linea teorica, ha più possibilità di raggiungere un livello di istruzione migliore di chi, invece, nasce in una famiglia con limitate risorse economiche. Stessa cosa può dirsi per il diritto alla salute, al lavoro, ecc. ecc. 

Ebbene, in una società giusta, questo non dovrebbe accadere, perché lo Stato dovrebbe svolgere una funzione di “ridistribuzione” o di riequilibrio sociale. E questa è, in un’epoca di “politica fluida”, una delle grandi differenze rimaste tra destra e sinistra, che evidenzia una profonda distanza sul ruolo che dovrebbe avere lo Stato: differenza, nello specifico, tra progressisti (lo Stato  interviene  per limitare le differenze) e conservatori (lo Stato non deve intervenire nel libero mercato). 

Se cerchiamo, in conclusione, di “mettere a terra” questi concetti, ci accorgiamo immediatamente che sicurezza e legalità sono risultati (mai perfetti) a cui si giunge dopo aver compiuto un percorso collettivo (direi “sociale”), mai facile. È difficile parlarne senza aver chiaro il quadro d’insieme; ma, soprattutto, è incompleta l’analisi se non vengono coinvolte anche le nuove generazioni, che io credo essere migliori delle nostre. Parlare di legalità ai nostri ragazzi, discuterne con loro, è il presupposto per generare inclusione, capacità di comprensione, sicurezza e … molto altro. Ecco: se dovessi dare una risposta sul perché questi incontri sulla sicurezza e legalità non hanno avuto il seguito sperato, penserei al fatto che su quel bancone, dove sedevano l’amministrazione comunale e le forze di polizia, non erano presenti i ragazzi delle scuole e i loro insegnanti. Qui come in altri, troppi, posti. 

Credo che i nostri “ragazzi dimenticati” possano darci una mano importante a costruire la Società che vogliamo lasciare loro in eredità. Qui, davvero, abbiamo il dovere di essere con noi stessi veramente rigorosi nel cercare con loro ogni possibile confronto e dialogo; lasciando perdere i manganelli 

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Alessandro Reale

Un commento su “Sicurezza, legalità, giustizia e… manganelli contro ragazzi dimenticati 

  1. Fascismo, nazismo, leninismo.
    Pare che le teorie a cui si rifanno i revisionisti abbiano diffusione definitiva. Potenza della narrazione unica.

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