Stando a quanto riportato in mattinata dalla testata “Bloomberg” e, successivamente, dal sito dell’Ansa, la compagnia franco-italiana Stellantis avrebbe intenzione di arrivare ad assumere circa 2/3 del proprio organico ingegneristico da paesi come India, Marocco e Brasile, nei quali i redditi degli ingegneri sarebbero circa 5 volte più bassi che qui in Europa.
In particolare, viene riportato un reddito di 50.000 dollari nei tre paesi sopra citati contro i 250.000 di media delle assunzioni Parigine. Se era preoccupante il fatto che la delocalizzazione della produzione riguardasse un numero sempre maggiore di lavoratori a bassa specializzazione (come ad esempio gli operai di fabbrica), accentuato, oltre che dalla globalizzazione, anche dalla digitalizzazione, ora dobbiamo preoccuparci che lo stesso fenomeno inizi a prendere piede anche per quanto riguarda i lavori più specializzati (che richiedono il conseguimento di almeno un titolo di studio terziario).
Il recente caso della nazionalizzazione dell’Ariston da parte del Governo Russo evidentemente non ha ancora acceso nessun campanello di allarme tra i politici. In un paese dove gli stipendi non crescono da circa 10 anni, a causa di un esorbitante debito pubblico e di cattive politiche europee, non è possibile lasciare che questo tipo di fenomeno prenda sempre più piede.
Con lo spettro dei BRICS che minaccia di prendere fette sempre più grosse di mercato, viene naturale chiedersi quale direzione vogliano prendere il mercato europeo e, in particolare, quello italiano, per affrontare le gravi crisi economico-finanziarie che dal 2008 dilagano nel vecchio continente. Se queste aziende continueranno a essere lasciate libere di attuare politiche così aggressive in campo di risparmio, possiamo aspettarci un ulteriore abbassamento della qualità del lavoro disponibile nel nostro paese, già scarsa di suo, dati il misero 30% di studenti che decidono di terminare il proprio percorso di studi superiori (circa la metà della media europea), e il crescente fenomeno dei cervelli in fuga. Si stima che dal 2011 al 2021, circa 1,3 milioni di laureati abbiano lasciato l’Italia in cerca di opportunità migliori. Con l’avvicinarsi delle Europee, dovrebbe essere prerogativa di ogni partito, di destra o sinistra che sia, farsi carico del risollevamento dell’economia Italiana ed Europea.
Il caso Stellantis è solo uno dei molti inevitabili, ma con un costo della moneta sempre più alto, causato dal disperato e assurdo tentativo di tenere l’inflazione ferma al 2%, possiamo aspettarci, nel breve periodo, un propagarsi di tali tattiche di risparmio da parte di molte più aziende private. Un altro esempio è la FIAT, che arriva ad erogare bonus sul TFR elevatissimi pur di smaltire il proprio organico, proponendosi anche di aiutare i propri dipendenti a trovare lavoro presso altre aziende, il tutto mentre EXOR (il fondo proprietario della nota azienda automobilistica) continua a conseguire ogni anno utili da capogiro (4,19 miliardi di euro nel 2023, a fronte di un fatturato di circa 44 miliardi di euro).
Se si vuole veramente preservare la qualità del lavoro, del “Made in Italy”, e far rimanere il mercato europeo competitivo a livello globale, allora è il momento di attuare vere politiche monetarie e manovre fiscali che disincentivino pratiche di delocalizzazione e spingano le aziende ad assumere persone competenti già su suolo italiano ed europeo. La maggior parte dei paesi europei presenta una bilancia commerciale negativa, che non giustifica più il mantenimento di tali politiche finanziarie e pratiche commerciali. Urge che venga fatto qualcosa a tutela sia degli stipendi di chi studia anni per potersi specializzare in un settore, sia che agevoli gli investitori a prendere a prestito e ad assumere, non a licenziare e sostituire con manodopera e lavoro a basso costo.
Contando anche un’età mediana di 60 anni (più del 50% degli italiani sono vicini o hanno già raggiunto l’età pensionabile), non c’è da stupirsi che sia le aziende, sia gli stessi individui, vadano in cerca di opportunità migliori altrove, lasciando a sé stessa un economia che rimarrà in balia di un debito pubblico sempre maggiore, di una crescente carenza di personale in ogni settore, e non dà quindi alcun segnale di ripresa sul lungo termine.
Ti è piaciuto questo articolo? Offrici un caffè con Ko-Fi
Segui il moscone su Telegram per ricevere una notifica ogni volta che viene pubblicato un nuovo articolo https://t.me/ilmoscone