La Rete dei numeri pari unisce centinaia di realtà sociali diffuse in tutta Italia che condividono l’obiettivo di garantire diritti sociali e dignità a quei milioni di persone a cui sono stati negati (associazioni, cooperative sociali, movimenti per il diritto all’abitare, reti studentesche, centri antiviolenza, parrocchie, comitati di quartiere, campagne, circoli culturali, scuole pubbliche, biblioteche popolari, centri di ricerca, presidi antimafia, progetti di mutualismo sociale, spazi liberati, fabbriche recuperate, reti, fattorie sociali e cittadine e cittadini). La Rete fa parte dei Movimenti Popolari protagonisti degli incontri mondiali organizzati su iniziativa di Papa Francesco.
Sul tema della riforma Calderoli la Rete dei numeri pari ha diffuso il seguente comunicato:
Con l’approvazione del decreto Calderoli 23 materie di competenza esclusiva dello Stato potranno essere devolute alle Regioni. Materie fondamentali che servono per attuare gli obiettivi della Carta e garantire i diritti su tutto il territorio nazionale: scuola, salute, lavoro, ambiente, sicurezza, energia, servizi sociali, asili nido, mobilità, commercio con l’estero, solo per citarne alcune. Questo accade senza che siano state stanziate risorse aggiuntive per superare le disuguaglianze e i ritardi attuali. Svimez nel report 2023 ha denunciato come – già adesso – avremmo bisogno di 90 miliardi in più da investire rispetto a quelli spesi per garantire almeno i livelli essenziali di prestazione stabiliti dalla Carta ed eliminare i divari tra Nord e Sud . Oggi, con le condizioni attuali, un bambino calabrese riceve un ventesimo rispetto a uno del Nord. Con l’Autonomia differenziata, per il Sud sarà una catastrofe inimmaginabile, se consideriamo anche i diversi livelli retributivi, dei servizi, del diritto allo studio e di tutela ambientale e paesaggistica. Ma anche le Regioni del Nord saranno più deboli di prima e non potranno contare sulla solidarietà nazionale. Pensate affrontare da soli pandemie o eventi metereologici estremi. Assisteremo alla nascita di tanti piccoli staterelli in un momento storico in cui dovremmo unire per affrontare problemi che solo su un livello globale potremmo risolvere.
La secessione dei ricchi imposta da Lega e FDI, trasforma il regionalismo solidale pensato dalla Costituzione in un regionalismo asimmetrico e competitivo che vìola i due principi su cui si fonda la Repubblica: solidarietà e uguaglianza. Non ci sarebbe più certezza di diritti uguali (o quanto meno uniformi) su tutto il territorio nazionale. Lo Stato rinuncerebbe al compito più importante stabilito dalla Costituzione all’art.3: tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Con l’autonomia differenziata verranno istituzionalizzate disuguaglianze e povertà, distrutta l’unità e l’indivisibilità della Repubblica. La legalizzazione delle differenze e la crescita inevitabile delle disuguaglianze sarà un assist enorme alle mafie, come abbiamo visto in questi anni di crescita delle povertà. Se mancano politiche sociali efficaci e lo Stato non fornisce risposte adeguate, sono spesso le mafie con il loro welfare sostitutivo a rappresentare l’unica alternativa. Questo confermano la crescita dei reati spia e del welfare mafioso in questi anni di crisi.
L’Italia con l’autonomia differenziata diventerà un territorio privo di sovranità effettiva. Il premierato che le destre vogliono imporre al Paese aggraverebbe in modo irreversibile la crisi sociale e istituzionale, assestando un colpo mortale ad una democrazia già ferita da tempo. Il premierato voluto dal Governo Meloni, oltre a esautorare il Parlamento e ridimensionare i compiti del Presidente della Repubblica, farebbe ulteriormente crescere la distanza tra Governo e cittadini, allargando la crisi della rappresentanza in un Paese in cui già adesso la maggioranza non si reca alle urne. Le destre vogliono imporre una verticalizzazione del potere e una democrazia a bassa intensità, fondata sulla delega e non più sulla partecipazione e sul protagonismo dei corpi sociali intermedi come prevede la nostra democrazia costituzionale. Le priorità del Paese sono evidentemente ben altre. Abbiamo bisogno di promuovere e garantire salute pubblica, lavoro, istruzione, diritto all’abitare, sicurezza sociale, difesa del territorio e dei nostri ecosistemi. Ancora più grave che a imporre la manomissione della Costituzione sia un Governo minoritario nel Paese, completamente incapace di ascolto, legato a una cultura che fa fatica a riconoscere la democrazia come valore universale, che vive con fastidio le differenze e la diversità, criminalizza la solidarietà e reprime il dissenso. Non ultima l’aggressione fisica in parlamento di un Deputato dell’opposizione, che riporta alla memoria eventi drammatici della Storia d’Italia e allontanano ulteriormente i cittadini e le cittadine dalle istituzioni in un momento in cui avremmo bisogno di partecipazione per rafforzarle, non indebolirle. Non appena il testo della legge sull’autonomia differenziata verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale, le Regioni da un lato, il corpo elettorale dall’altro potranno reagire. Associazioni, movimenti popolari, comitati, presidi antimafia, case delle donne, sindacati, parrocchie e cooperative sociali impegnate da 5 anni a contrastare il progetto eversivo dell’autonomia differenziata, che condividono il percorso de LaviaMaestra chiedono a tutte le forze politiche, sindacali e sociali di mobilitarsi in maniera unitaria per promuovere il referendum abrogativo della legge sull’autonomia differenziata e iniziare a raccogliere le firme necessarie.
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