“Chissenefrega” della Sanità

Mi pare che le riflessioni di Concetta Malvasi pubblicate pochi giorni fa sul Moscone non abbiano sollevato molto interesse. D’altronde lo stato salute del Servizio Sanitario Nazionale è un problema di nicchia, per adepti, e la spesa sanitaria rappresenta solo il 70%, più o meno, dei bilanci delle Regioni, una bazzecola.

A cominciare dal Governo Monti, Decreto Balduzzi 13 settembre 2012 n° 158 convertito in legge 8 novembre 2022 con l’istituzione della AFT- Aggregazioni Funzionali Territoriali- e delle ACCP – Unità Complesse di Cure Primarie- tutte ottime iniziative sulla carta, ci hanno raccontato un mucchio di bufale, tralasciando le stucchevoli argomentazioni abbiamo aumentato i fondi, no,  lo abbiamo fatto noi ecc.,ecc.

Col  Governo Meloni, il Direttore generale delle Professioni Sanitarie, Rossana Ugenti intervenendo  in audizione in Commissione Igiene e Sanità del Senato, afferma che che la Legge Balduzzi del 2012 di fatto “ad oggi non ha trovato pieno compimento”-  dopo 12 anni !-. C’è bisogno di un nuovo piano (ricordiamoci Covid, il territorio, mai più abbandonare la medicina territoriale!, tutte le geremiadi classiche).

Ne illustra le misure  il Dg della Programmazione del Ministero Andrea Urbani,  finanziate con le risorse del Ricovery Fund. L’Ufficio di Presidenza dice subito: occhio ragazzi perchè qui non c’è trippa per i gatti, si potrà cominciare con le strutture ma proseguire e farle funzionare lo vediamo molto problematico.

Per i dettagli vi invito a leggere :Riforma della medicina del territorio. “Legge Balduzzi incompiuta ora puntiamo su Case e ospedali di comunità, assistenza domiciliare ‘hi-tech’ e nuove Rsa”. Il Piano del Ministero – Quotidiano Sanità (quotidianosanita.it.

Questo piano ha degli spetti tragicomici: prevede ospedali di prossimità, case di comunità, adeguamenti RSA; fantascienza. Obiettivo potenziare la medicina del territorio, ridurre la pressione ospedaliera, ridurre le prescrizione diagnostiche e terapeutiche  non appropriate, integrazione tra ospedale e territorio.  Dove sta il tragicomico: le figure base di tutte queste strutture sono il Medico di Libera Scelta e gli infermieri, possibilmente con Laurea (figura cha ci vede tra gli ultimissimi in Europa come numero) e la Federazione Nazionale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri ha sempre mostrato la sua contrarietà a questa riforma. Di fatto si è fatto poco o nulla, nulla nella nostra ASL. Tra l’altro l’ultima proposta del governo per fronteggiare la drammatica situazione del nostro servizio sanitario contiene, come ha ben spiegato Milena Gabanelli in un recente telegiornale norme già presenti nel nostro ordinamento, alcuno vecchie di lustri e mai messe in pratica.

Cha fare? Cominciamo a considerare a Sanità pubblica (Costituzione!) un investimento e non una spesa, quindi investiamo; oggettivamente spendiamo meno di stati a noi omogenei sia come spesa/PIL che come spesa/PIL pro capite; manca personale di assistenza medico e soprattutto infermieristico, su questo sono tutti d’accordo vedere report OCSE Health at a glance 2023 – che per altro da un buon giudizio su certi aspetti della nostra sanità-, quindi assumiamo.

Rivediamo i rapporti con l’Università le cui politiche hanno in parte contribuito a questa mancanza di specialisti – si parla tanto di integrazione scuola-lavoro!- aumentiamo le retribuzioni del personale di assistenza a qualsiasi livello,- i concorsi specie negli ospedali medio-piccoli vanno spesso deserti-;  eliminiamo il rapporto per i medici a Gettone . Chiariamo i rapporti con la medicina privata del SSN tutto e del medico ospedaliero; problema non più eludibile, perchè la medicina privata  ormai non è più complementare come hanno sostenuto da sempre debba essere le anime belle della sinistra, ma sostitutiva, dove è più redditizio ovviamente – vedi Tortona-, della medicina pubblica. Implementiamo le tecnologie di rete. L’obiettivo è una medicina orizzontale, non più apicale con l’Ospedale al vertice. Di questi tempi si cercano disperatamente i moderati ( definizione invero molto nebulosa e interpretabile) credo che in vece un pò di sano radicalismo, in queste situazioni, sia quanto mai necessario.

Nel 1508 in Milano lo stampatore Giacomo Ferrari o De Ferrari licenzia il primo trattato sull’organizzazione e i compiti di un grande ospedale, la cosiddetta Relazione ai deputati dell’Ospedale Grande di Milano, scritta da Gian Giacomo Gilino, Priore del Capitolo ospedaliero.

“La forma adunca presa a questa reformatione è stata in questo modo: siccome le malattie] o sono cronice o de qualità che presto sono terminate vel con salute, vel con morte, queste de presta terminatione sono designate al hospitale grande dove come è predicto, o moreno o facti sani, vano con la benedizione a fare li facti suoi”… Le altre egritudini cronice o mali di altra qualità quali vogliono tempo…” sono destinati altrove.

Quindi la reformazione prevedeva una organizzazione diremmo oggi orizzontale dove l’ospedale maggiore era dedicato all’acuzie e la medicina extraospedaliera – l’altrove- il territorio nel linguaggio di oggi- doveva farsi carico delle cronicità – delle” le egritudini che vogliono tempo”. Sono quindi 515 anni che il nostro paese aspetta questa riforma. Lunga è la strada dagli ingredienti alla torta, come dicono gli inglesi.

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Giacomo Orlando

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