Più valore alla cultura del lavoro

Da tempo seguo dal divano di casa gli avvenimenti in tutto il mondo e nel mia amata Patria, me ne faccio un’idea e sento un senso di rabbia che con l’età sono costretto a far convivere con una incipiente rassegnazione.

Eppure sono passati esattamente 61 anni da quando mi ero deciso, con convinzione, ad aderire al Partito Socialista, nel 1963, dopo la scissione dello PSIUP, con la speranza di realizzare un grande soggetto politico socialista liberale accompagnato dagli insegnamenti di Turati, Treves, Matteotti, Salvemini ed altri fino a Piero Gobetti.
Ho seguito le vicende con passione e partecipazione diretta per oltre 6 decenni e senza soluzione di continuità. Ho seguito con curiosità inguaribile motivazioni in tanti argomenti volti alla crescita economica e sociale della nostra Società. Sono stati anni dove, in compagnia di tanti attivisti, abbiamo sognato, realizzato il possibile, progettato, litigato, ma sempre tutti insieme lungo lo stesso sentiero.

Oggi è tutto cambiato, quella casa non c’è più, le relazioni dirette e la cultura dello stare insieme ha lasciato il posto alla precarietà accompagnati dal “pensiero debole” di Gianni Vattimo che ci ha convinti che è la realtà stessa ad essere debole per definizione. Quindi accettare le mutazioni con fatalismo o rassegnazione? Manco per idea.

Scendo alle cose pratiche. Pochi giorni fa sento Giorgia Meloni della Garbatella che ci comunica che con lei al governo la disoccupazione non è mai stata così bassa dai tempi di Garibaldi, che l’inflazione sta tornando sotto il 2%, che il PIL è superiore alla ex locomotiva europea, la Germania, che è in recessione. Sobbalzo sul divano e mi chiedo perchè dobbiamo bere tutto così senza alcun sussulto le sue parole e vedere anche che il suo consenso è sempre molto alto.
Mi chiedo cosa siamo diventati. Ragionando per conto mio faccio i conti che fanno tutte le famiglie quotidianamente e mi convinco che la critica non può risparmiare nessuno. Intanto ogni settimana io e mia moglie andiamo a fare la spesa al supermercato. Da anni compriamo, più o meno, le stesse cose. Tre o quattro anni fa la spesa settimanale per noi due si aggirava intorno ai 60/70 euro. Oggi siamo a 110/120 euro e con le pensioni che nel frattempo sono lievitate di pochissimi euro. E’ evidente che volerci far credere che l’inflazione è sotto controllo, nella realtà, è una bufala. Sul PIL ci dice che stiamo andando meglio di tutti nell’eurozona, certo, se prendiamo a riferimento la Germania che è in crisi nera ci possiamo credere, ma noi siamo al palo da anni e non è la prospettiva dello 0,1% in più o in meno che ci può consolare.
Ma la cosa che mi ha fatto imbufalire è il “record di occupati” dal tempo di Garibaldi. Questo tema, un tempo centrale per la sinistra, oggi viene gestito dalla destra con eccesso di disinvoltura. Considerando che la contrattazione collettiva è andata a farsi benedire, che oggi i contratti a tempo indeterminato sono una miseria rispetto al passato, che il lavoro a chiamata, i part times di durata breve, l’obbligo di far proliferare le iscrizioni di partite IVA fasulle ecc.. Inoltre, il tutto viene accompagnato con paghe da fame e contenute fino all’osso, il minimo orario come il salario minimo, a più riprese invocati, sono stati bocciati brutalmente da Meloni e compagnia. Il tutto condito da pensioni e salari fermi o giù di lì, la soglia di povertà passata in un decennio da 1,5 milioni a 5 milioni di interessati, il ceto medio che si è assottigliato e che generalmente si è avvicinato ai redditi bassi.
Mettere tutto in un ragionamento, quanto meno, ci porta a pensare che ce la stiamo passando decisamente male e che nulla può giustificare il trionfalismo messo in onda quotidianamente da “telemeloni” a reti unificate. Mi verrebbe da dire che se vogliamo parlare di record di occupati da Garibaldi in poi possiamo anche fare meglio tornando ai tempi di Caligola dove la disoccupazione non esisteva unitamente alle paghe, un tozzo di pane e camminare.

Ma qui vorrei chiudere con una sollecitazione, per tornare a noi. Su questi temi la sinistra italiana ha sempre costruito il vero  motivo della propria esistenza. Quel fervore dove è finito? Il mondo del lavoro ha modificato i suoi parametri, certo, ma oggi la classe operaia  se non va più in Paradiso…dove va?
Sarà bene riprendere e fare nostro questo tema adeguandolo con una mentalità liberale e rifiutando quella liberista selvaggia e senza regole. Persino il fondatore del concetto liberista Adam Smith insegnava che l’accumulo del capitale deve essere accompagnato da una equa ripartizione dello stesso capitale con i lavoratori. Mi auguro che a breve le discussioni kilometriche su campi larghi o stretti lascino il posto alle lotte per una giusta dignità dei lavoratori stessi.

Costanzo Cuccuru – Referente di Azione in Novi Ligure

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