La Costituzione è un documento fondante di uno Stato democratico, che stabilisce i principi e i diritti fondamentali su cui si basa la convivenza civile. Ogni legge emanata dal governo deve essere conforme alla Costituzione; in caso contrario, mina la legittimità stessa delle istituzioni democratiche e può compromettere i diritti e le libertà dei cittadini.
Il suo ruolo è tutelare i diritti inviolabili, come la libertà di espressione, la dignità umana, l’uguaglianza davanti alla legge e l’equità sociale. Quando il governo introduce leggi che violano questi principi, non solo va contro il testo costituzionale, ma rischia di favorire derive autoritarie. Un governo che promuove leggi anticostituzionali mette a rischio il principio della separazione dei poteri, essenziale per il funzionamento di una democrazia, poiché una concentrazione eccessiva di potere rischia di soffocare il sistema di pesi e contrappesi necessario a evitare abusi. Qualsiasi legge che riduca o sospenda i diritti civili in nome della sicurezza o della stabilità economica può aprire la strada a pericolosi precedenti, che potrebbero essere sfruttati anche in futuro per giustificare ulteriori limitazioni dei diritti.
È fondamentale sottolineare il ruolo della partecipazione pubblica e dell’opposizione in questo processo. Una società civile consapevole ha il diritto e il dovere di opporsi alle leggi ingiuste, utilizzando tutti gli strumenti legali e democratici a disposizione, come la protesta pacifica, il dibattito pubblico e, se necessario, il ricorso alla Corte Costituzionale, che ha il compito di giudicare la costituzionalità delle leggi. La difesa della Costituzione è un atto di resistenza contro ogni tentativo di erosione dei diritti fondamentali. Un governo che si impegna nel rispetto dei principi costituzionali costruisce la fiducia dei cittadini, mentre uno che li viola semina il terreno per il disfacimento delle basi democratiche di uno Stato di diritto.
Purtroppo, il governo guidato da Giorgia Meloni è, a mio avviso, potenzialmente anticostituzionale e limitativo nelle libertà fondamentali. Un esempio è il Decreto Sicurezza, che ha sollevato forti preoccupazioni per la sua presunta violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Questo decreto include misure come l’aumento dei poteri della polizia e delle pene per i manifestanti, una vera limitazione del diritto di protesta e di espressione. Tali misure sono potenzialmente autoritarie e in contrasto con i principi costituzionali di libertà.
Un altro tema delicato è quello delle riforme istituzionali proposte dal governo, come il premierato, che punta a rafforzare i poteri del presidente del Consiglio. Alcuni osservatori hanno sollevato preoccupazioni sul fatto che queste riforme, se attuate, potrebbero squilibrare il sistema di pesi e contrappesi tra i poteri dello Stato, indebolendo il ruolo del Parlamento e la separazione dei poteri, un principio cardine della Costituzione italiana. Un’altra assurdità è il disegno di legge sull’autonomia differenziata. In due mesi sono state raccolte un milione e trecentomila firme per fermare questo scempio, e sono state depositate in Cassazione. È un disegno di legge anticostituzionale.
Uno degli aspetti più critici è la possibile violazione del principio di uguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione. L’autonomia differenziata potrebbe creare disuguaglianze tra le Regioni, favorendo quelle con maggiori risorse economiche e finanziarie a scapito delle altre. Le Regioni più ricche potrebbero, infatti, ottenere più poteri e risorse, accentuando il divario tra Nord e Sud, un fenomeno che va contro l’obiettivo costituzionale di ridurre le disuguaglianze territoriali e promuovere la coesione. L’articolo 5 della Costituzione afferma che la Repubblica è “una e indivisibile” e allo stesso tempo promuove le autonomie locali. L’autonomia differenziata rischia di minare questo principio, poiché potrebbe frammentare il sistema di governo italiano, compromettendo l’unitarietà delle politiche pubbliche su temi cruciali come la sanità e l’istruzione, che dovrebbero essere garantiti in modo uniforme su tutto il territorio nazionale.
La solidarietà sociale, politica ed economica è uno dei pilastri della Costituzione italiana, espressa dall’articolo 2 e dall’articolo 119. L’autonomia differenziata, però, potrebbe limitare la redistribuzione delle risorse, favorendo solo alcune aree del Paese. Ciò potrebbe intaccare il principio di solidarietà nazionale, che richiede la cooperazione tra le Regioni per garantire pari diritti e opportunità a tutti i cittadini. L’autonomia differenziata solleva anche problematiche sul riparto delle competenze tra Stato e Regioni. La Costituzione prevede materie di competenza esclusiva statale, regionale e concorrente. La concessione di ulteriori forme di autonomia potrebbe creare confusione e conflitti nella distribuzione delle competenze, riducendo il ruolo di coordinamento dello Stato su settori fondamentali per l’unità e il funzionamento dell’intero Paese.
La capacità finanziaria delle Regioni varia considerevolmente, e la devoluzione di nuove competenze comporterebbe anche la necessità di adeguate risorse finanziarie. In mancanza di una perequazione adeguata, alcune Regioni potrebbero non essere in grado di esercitare pienamente le nuove funzioni, portando a un indebolimento dei servizi pubblici e a un ulteriore ampliamento del divario tra Regione e Regione.
Siamo in un momento storico molto delicato: stanno minando i diritti che abbiamo ereditato con il sangue dei nostri predecessori. Non dobbiamo arrenderci a questo sistema che vuole diventare totalitario.
Robbiano Laura, PRC
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