Siamo davvero sicuri che tutti gli immigrati siano malavitosi o comunque inclini a delinquere? Quelli che lavorano nei campi sottopagati e che vengono lasciati a morire ai bordi delle strade. Quelli che lavorano in edilizia e precipitano dalle impalcature. Quelli che vediamo tutti i giorni in bicicletta, ora sui monopattini, dirigersi verso i centri logistici.
Non ci viene qualche dubbio? Forse sono persone che, come noi, lavorano per dare un futuro migliore ai loro cari…
Si calcola che nei prossimi cinque anni il fabbisogno lavorativo nel nostro Paese sarà di oltre tre milioni di lavoratori. Forse è il momento di organizzare questi arrivi con la dovuta formazione, con una politica abitativa predisposta all’accoglienza e con contratti regolari.
Le risorse comunitarie vanno in questa direzione. La politica, le organizzazioni sindacali e datoriali devono saperle cogliere, producendo atti e progetti mirati.
Pensare di limitare o bloccare i flussi migratori con i campi in Albania è pura demagogia: accontenta “la pancia” delle persone (la paura del diverso è molto diffusa), ma se ti serve una badante, il bisogno lo soddisfi con un’immigrata. E così è per molti altri settori, non sempre a bassa professionalità; un esempio recente è l’arrivo di infermieri dall’India in Piemonte.
Una gestione programmata e organizzata dei flussi migratori richiede una cultura del lavoro, una gestione della cosa pubblica come servizio, e la capacità di lavorare insieme.
Pensiamoci, perché questo è il futuro.
Silio Simeone
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