Tsundoku

Una delle attività che condivido spesso con mio figlio Ludovico è il “wandering” nelle librerie, alla ricerca non ben determinata di un libro da portare a casa. Ci tengo a precisare che il nostro desiderio è principalmente legato al possesso del libro e non alla lettura dello stesso, infatti a questa attività si accompagna un’altra nostra tendenza condivisa che in giapponese è sintetizzata nella parola Tsundoku: l’abitudine di comprare compulsivamente molti libri che pian piano si accumulano, leggendone neanche la metà. 

L’altra sera, varcata la soglia della libreria, ci siamo guardati con sguardo complice e con tacito accordo ci siamo immediatamente separati nelle nostre rispettive ricerche; con la scusa di individuare dei manga per il fratello lo vedo dirigersi verso la sezione storia/ filosofia/ politica, che di solito è quella che esploro io. Fedele alla mia intenzione di acquistare un libro “leggero ma non troppo” mi dirigo dalla parte opposta verso la narrativa straniera e inizio il mio rituale di ricerca sfiorando le copertine di alcuni libri: per me la scelta è prima di tutto tattile, mi piacciono le copertine flessibili, non lucide, “soft touch”; la scelta grafica arriva dopo, anche se non posso nascondere una forma di discriminazione apodittica verso le copertine con grandi fotografie a pieno campo, primi piani di donna, grandi scritte e quelle recanti sul retro la foto in bianco e nero dell’autore. La mia preferenza va sovente verso copertine minimaliste, in questo senso la casa editrice Sellerio è spesso la mia preferita, ma apprezzo anche quelle con grafiche colorate purché artistiche. Poi passo alla lettura delle prime tre righe e delle ultime tre: di solito capisco poco da questo breve estratto ma tanto mi basta per cogliere anche il più lontano indizio di ciò che mi rende detestabile una lettura: il tono subdolamente didascalico dell’autore, non sopporto le lezioni di vita non palesate in un volume di saggistica ma nascoste tra le righe di un romanzo con intenzioni di narrativa. 

Ultimamente ho una passione per gli autori asiatici: essenziali, diretti, concreti. Ben appunto ero incerta tra un libro di un autore coreano “Il minimarket della signora Yeom” di Kim Ho-Yeon e il best-seller “I miei giorni alla libreria Morisaki” di Yagisawa, ed è lì che vedo arrivare il Ludo con un piccolo libretto stretto tra la mano e il fianco, come a nasconderlo. Riconosco la casa editrice dal segno grafico sulla parte alta della copertina (Feltrinelli) e ovviamente iniziano le mie congetture. Mio figlio bofonchia qualcosa, io detesto chiedere e lui con altrettanta insofferenza non ama rispondere. Ci limitiamo ad uno scambio di sguardi e monosillabi, che è un po’ il nostro codice di comunicazione preferito e ci avviamo alla cassa. 

Mio figlio, davanti al libraio, costretto a svelare il bottino, si volta verso di me e mi dice “Beh! Almeno è breve!” e mi mostra il “Manifesto del Partito Comunista” di Marx e Engels. 

Ed è così che mi viene in mente un libro di cui avevo sentito parlare per l’enorme successo avuto in Giappone e di cui prontamente chiedo la disponibilità al titolare della libreria: “Il Capitale nell’Antropocene” del filosofo giapponese Saito Kohei. 

Si tratta di un testo che ha catturato l’attenzione dei giovani giapponesi attraverso una reinterpretazione delle teorie marxiste in chiave ambientalista. Il filosofo suggerisce che per superare l’illusione capitalistica della crescita infinita, anzi dinanzi alla constatazione della sempre maggior concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi e al progressivo impoverimento di molti, oltre che del pianeta stesso, sia necessario mutare approccio e puntare su una decrescita che metta al centro i beni comuni. Ciò non vuol dire austerità ma una società nuova che appiani le disuguaglianze e abbandoni la ricerca del profitto, insostenibile sul lungo periodo, puntando alla condivisione piuttosto che all’accumulo individuale. La società attuale (appunto Antropocene) è infatti caratterizzata dall’ingerenza e dall’impatto dell’uomo su ogni aspetto della natura e secondo Kohei non è sostenibile la crescita economica indiscriminata con la sopravvivenza del pianeta; per questo motivo invita a ripensare un nuovo modello di società, basato sull’empatia e sulla  sostenibilità sociale oltre che ambientale. “Tutte cose belle!” direbbe caustico il mio professore di tecnologia delle medie. 

Al di là delle ipotesi esposte da Kohei, ciò che mi ha colpito è il successo del libro e di questa tipologia di approccio tra i giovanissimi i quali risultano sempre più interessati alle teorie filosofiche di ampia portata perché recanti visione, idee, progetti sul futuro e soprattutto proposte concrete ed essenziali che mirano a cambiare lo stato negativo della società non su base individualistica, bensì su scala diffusa e generalizzata. 

Raramente si sentono discorsi dei nostri Parlamentari che parlino di progettualità di ampio respiro, di ideologie che offrano un’interpretazione della società e si affianchino a concrete proposte economiche e politiche volte al miglioramento collettivo e ambientale. Spesso le iniziative politiche alle quali attualmente assistiamo sono tutte di tamponamento o contenimento, boutade per accalappiare consenso e progetti a breve gittata, finalizzati a dare un contentino a questo o a quello, sul qui e ora. 

E mentre il dibattito politico nostrano – come anche attestato dalla fotografia scattata dalla Commissione del Consiglio d’Europa contro il razzismo e l’intolleranza (Ecri) nel rapporto adottato il 2 luglio scorso – è sempre più appiattito a scambi di slogan e sfottò, esacerbato da una crescente campagna d’odio xenofobo, sintomo di un individualismo sempre più piegato su sé stesso, cieco e arrogante, e di un’incapacità ad affrontare e risolvere i reali problemi della società, i nostri giovanissimi guardano altrove: più lontano, in maniera più ampia, anche verso il passato, per conoscere e dotarsi degli strumenti non solo per far meglio lievitare le proprie idee, ma soprattutto per costruire una visione collettiva e non individualistica del futuro. 

Nel riflettere in silenzio su quanto sopra, camminando verso casa, a fianco al Ludo, con i nostri due acquisti tra le mani, ho finito per pensare che saranno questi adolescenti con ragionamenti da adulti a salvare il mondo corrotto da noi adulti con ragionamenti da adolescenti.

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